lunedì 10 marzo 2014

Hannah Arendt

Hannah Arendt: il pensiero non metabolizzabile (15.11.2013)


 Ho scoperto Hanna Arendt dal film di Margarethe von Trotta dell’anno scorso.

 
Ciò che mi ha colpito, e fatto ancora una volta riflettere, è l’impossibilità a metabolizzare un pensiero originale quando questo esce dagli schemi in cui si è codificato il range delle variazioni ammissibili. Come dire che oltre un certo limite non si possono neppure contemplare pensieri originali diversi dal pensiero dominante. Il mondo ebraico ha stigmatizzato la Arendt perché seguendo il processo del nazista Alfred Eichmann e scrivendone sul New Yorker osò sviluppare la seguente teoria che tento di sintetizzare: la difesa di Eichmann e dei capi nazisti in generale, secondo cui hanno obbedito a ordini superiori, introduce un pensiero generale pericolosissimo in quanto nega la possibilità di pensare. Ma quando non si può pensare è impossibile anche un pensiero morale, quindi chiunque, cioè una persona normalissima, può diventare l’artefice dei crimini più efferati contro l’umanità senza essere responsabile di nulla. La Arendt è stata accusata di cercare di assolvere Eichmann e ne ha viste di tutti i colori a cominciare dai suoi amici più intimi che pensavano avesse tradito i 6 milioni di Ebrei sterminati dai nazisti.

Si trattava ovviamente di intellettuali intelligenti ma quella interpretazione razionale priva dell’emozione sentimentale usciva dagli schemi ammissibili e quindi risultava incomprensibile, impossibile.
Fatte le debite proporzione al catino personale nel quale vivo e dove faccio il bagnetto scambiando quattro ideuzze con i miei compagni di giochi, credo che l’impossibilità per molte persone, comunque provviste di cervello, ad accettare ad esempio un pensiero sociale non assistenzialista e pauperista, sia di questa natura: non si può capire e accettare quello che supera l’asticella che si è posta come limite della propria capacità di rimettere in discussione il pensiero maggioritario. Non è gestibile, non è metabolizzabile. Quindi il piagnisteo sulla povertà in Svizzera che, per la maggioranza, e per i mass media, è sempre dilagante, non si può combattere perché una visione diversa non è contemplata e contemplabile, è un tabù.
Le due pagine del CdT di oggi sui programmi occupazionali che riparano i giocattoli vecchi per i bambini poveri in CH, ad esempio, è un insulto all’intelligenza eppure guai anche solo a pensarlo, non è concepibile, non è metabolizzabile, se lo dici ad alta voce forse Babbo natale, che è già in giro, ti sentirà e non ti porterà nessun giocattolo, nemmeno uno vecchio riparato dai disoccupati di quei programma occupazionale scellerato dove non si calcola assolutamente il rapporto di mercato fra valore del lavoro eseguito e il valore riconosciuto e/o riconoscibile.
E l’altro ieri sullo stesso libello ticinensis altro piagnisteo sulla popolazione a carico dell’assistenza, naturalmente sempre in crescita.
Sempre nel mio catino giocando con la paletta e il secchiello con un gruppo di direttori delle Caritas d’oltre Gottardo ho provato recentemente a fare il seguente ragionamentino: A) Caritas CH fino a qualche anno fa sosteneva (col consenso di politici e addetti ai lavori) che in CH ci sono 1 milione di poveri. B) Allora ha lanciato la campagna “Dimezziamo la povertà” accettata e promossa da tutte le Caritas in CH (salvo la nostra che per fortuna è indipendente e può pensare quello che vuole). C) L’ultima statistica della confederazione di qualche mese fa’ afferma che i poveri in CH sono mezzo milione. D) Si dovrebbe allora dedurre che la campagna sul dimezzamento della povertà ha avuto un successo strepitoso.
Qualcuno è stato preso in contropiede e si è tradito scoppiando a ridere, subito redarguito dal bagnino perché è pericoloso ridere quando si gioca con la sabbia.

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