venerdì 7 marzo 2014

9/11

9/11 (11.9.2013)

È una specie di strano anniversario che anno dopo anno rivivo con una vicinanza non assopita. NY non è USA ma un non luogo per apolidi come me, meltingpot di etnie e di culture assolutamente fuori scala. Se poi subisci il fascino architettonico degli skyscraper, anch’esso fuori scala, evidentemente il 9/11 è come se fosse successo a casa tua.
È stato scritto tutto, fatti diversi film, ogni anno si ricordano i morti, si fanno letture politiche o più legate alle emozioni dei newyorkesi e dei lontani. Allora forse è meglio star zitti per non ripetersi, essere banali o eccessivamente sentimentali. Però le emozioni sono personali e uno se le tiene, magari condividendole. E per me 9/11 è cambiamento di modalità comunicative, momento tragico di quasi contemporanea partecipazione del pianeta a un evento in diretta dove la realtà ha superato la finzione cinematografica del genere catastrofista. La commozione sta nell’ammettere, increduli, che ciò che nessuno avrebbe pensato potesse succedere, invece è avvenuto, non in America, ma nel mondo globalizzato, perché è successo a tutti noi abitanti della terra mentre eravamo incollati agli schermi seguendo la CNN con i cronisti che piangevano in diretta.

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