Generosità natalizia gratificante (15.12.2013)
COME SIAMO BUONI VERSO NATALE!
È quasi Natale e come in un copione ripetitivo e scontato, a Caritas
Ticino arrivano le richieste di chi a Natale vuole fare del bene. Quelli
che vogliono un povero da invitare a pranzo, quelli che vogliono
mandare qualcosa a un povero nostrano (al limite anche in paesi
lontani), magari un infante (giocattoli!) che ha indubbiamente il
massimo della quotazione, e persino la ditta che vorrebbe fare un gesto
di solidarietà in questo periodo.
A quest’ultima abbiamo cercato di spiegare che i poveri da nutrire a
Natale in CH non ci sono ma che la povertà si manifesta come esclusione
sociale ad esempio quando si è disoccupati: niente bisogno di soldi ma
di un posto di lavoro che è ben più difficile da trovare; abbiamo
provato a spiegare che ci sono progetti sociali che eventualmente si
possono sostenere ma poi ci hanno chiesto se avevamo il formulario
(quello che sicuramente le organizzazioni che fanno fund raising hanno
sempre pronto) e noi non ce l’abbiamo. Non li sentiremo mai più e ci va
benissimo. Ma è inevitabile la riflessione sul perché il buonismo, il
pietismo, l’assistenzialismo e tutti gli ismi figli di un pensiero
ammalato siano sempre stravincenti. Perché persone non necessariamente
stupide non comprendano (mai, o quasi), che quella povertà gratificante,
da mensa dei poveri o da centro per senza tetto non esiste in CH e
quelli che fanno queste cose favoriscono solo un turismo estero che
rinforza un pensiero bacato. Perché?
Ecco un modellino vincente di povero natalizio in regioni lontane.
Perché non ci commuoviamo, magari non solo a Natale, per le centinaia di
esseri umani eliminati ogni anno anche in Ticino con l’aborto, o per i
suicidi di cui non si può neppure far memoria perché si favorirebbe
l’emulazione, o per i poveri disperati toccasti da dipendenze (alcool,
droga e gioco d’azzardo) e per le loro famiglie, o per quelli che sono
vittima di violenze domestiche sessuali e non, o per chi si prostituisce
(visto che è legale non è un problema), o per chi è affetto da
patologie psichiche, o chi è emarginato e ghettizzato in quanto non
risponde ai canoni del cittadino di prima classe? Forse perché tutti
questi esseri umani in sé più che degni della nostra più profonda
compassione e solidarietà, non corrispondono però al modellino
gratificante secondo cui il povero deve assomigliare molto a una figura
angelica, innocente, toccata da una inspiegabile sfortuna, vittima di
una povertà che non ha né cause né colpevoli identificabili. Insomma un
povero da teatrino natalizio. Per questo ci si mobilita e si chiedono i
formulari alle organizzazioni socio caritative, e i mass media fanno a
gara per raccontare e dare spazio a tutte le forme di generosità
natalizia.
Ma per i poveri disperati, quelli veri che invece esistono nel mondo
reale, nelle pieghe dei sistemi economico-sociali avanzati, che non
hanno bisogno di soldi, di derrate alimentari o di centri per senza
tetto, ma di accoglienza del proprio essere ferito, non c’è posto per
la solidarietà né natalizia né di altro periodo. Forse perché non
abbiamo ancora inventato il formulario per ottenere risposte valide alla
mancanza di senso della vita.
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