venerdì 12 ottobre 2018

sulla comunicazione televisiva

La TV di Caritas Ticino

In giugno mi è stato chiesto di rispondere a 7 domande sulla comunicazione video di Caritas Ticino per il sito della CORSI. (Max 600 caratteri per domanda) Ho fatto i compiti e ho scritto l'articolo ma a questo punto mi è stato chiesto di ridurre il testo da 7 a 4 domande però anche così non è stato pubblicato. Infine in una versione ancora ridotta a sole 3 domande è apparso in ottobre su catt.ch

Ecco la versione originale scritta  per la CORSI che non l'ha mai pubblicata (titolo e introduzione non sono miei ovviamente ma della giornalista che mi aveva chiesto l'articolo).


Una tv attenta ai problemi di oggi

Roby Noris, entrato a Caritas Ticino nel 1980, l’ha condotta per una trentina di anni, arrivando anche a creare una propria produzione televisiva, conducendola e facendone il suo principale settore di impegno professionale fin dal 1994, con la possibilità di montare in proprio tutto quanto prodotto e di realizzare anche tutta la produzione virtuale su green screen. Da quando è in pensione, da gennaio 2017, collabora ancora per servizi o serie puntuali. I video di Caritas Ticino Tv vogliono essere una piacevole e distensiva opportunità per scoprire cose interessanti. I 1350 video sul canale di Caritas Ticino su youtube testimoniano questo tentativo.
1) Le vostre proposte sono seguite da che genere di utenza? A chi vi rivolgete?
Andando in onda su Teleticino e su youtube potremmo dire che la proposta è a 360 gradi anche se in realtà chi ci segue ha una caratteristica ben precisa: curiosità e desiderio di approfondire tematiche sociali, religiose, economiche e culturali. E fra questi molti non la pensano come noi ma credo trovino interessante il confronto con una organizzazione profilata che non teme di proporre ipotesi, talvolta scomode, che spesso vanno controcorrente. Con la rubrica Migranti del Mare, ad esempio, diamo una interpretazione politica spesso fuori dal coro. E la nostra lettura della povertà in Svizzera, che non sposa il catastrofismo dominante, penso possa piacere a chi desidera ascoltare un’altra voce.
2) È facile proporre dei contenuti anche orientati alla religione nel mondo odierno?
Più dei contenuti a carattere religioso ciò che spaventa è l’approfondimento, perché il pubblico ritiene che richieda molta fatica. Allora bisogna “barare” facendo credere che l’approfondimento non richieda sforzi particolari. In realtà tutti siamo disposti a fare fatica se questo ci produce piacere. Chi gioca ai videogames, ad esempio, fa uno sforzo enorme, di calcolo e di memorizzazione a una velocità incredibile, ma non dirà mai che è faticoso perché è divertente e gratificante. Noi cerchiamo di mettere in contenitori piacevoli, a volte virtuali e movimentati, anche contenuti difficili come quelli religiosi, presentandoli come più leggeri di quello che sono.
 3) Ricevete feedback dai vostri utenti?
La nostra produzione poco spettacolare non può generare le reazioni a caldo e le lettere al direttore. Ma in quasi 25 anni abbiamo raccolto molti feedback che confermano la bontà della scelta piuttosto speciale fatta nel 1994 di produrre TV in proprio e di creare un nostro studio televisivo. Ciò che mi colpisce sempre sono soprattutto i commenti che ci arrivano da persone lontane dalla Chiesa e dalle tematiche sociali che ci attestano fedeltà e apprezzamento al di là di ogni ragionevole aspettativa. La permanenza dei video in rete su youtube ha creato inoltre una situazione nuova: dopo anni, chi li guarda reagisce come se fossero stati realizzati e postati il giorno prima.
4) Migrazioni, disagi sociali, dipendenze: i problemi dell’odierna società vengono sufficientemente trattati dai mass media?
Vengono trattati solo se hanno le caratteristiche ben codificate per ottenere il successo mediatico. Giocano quindi in modo determinante aspetti di per sé secondari come la novità, la spettacolarizzazione, l’impatto immediato, l’emozione facile, la concorrenza fra media. Il paradosso sta nello scontro fra il desiderio originale di fare dell’informazione autentica e la pressione schiacciante del costo elevato pagato solo dall’audience. Talvolta traspare del buon giornalismo ed è quasi miracoloso. Si continuerà a parlare ad esempio di migrazioni fino a quando ci saranno notizie vendibili sul mercato dei media, finché non ci sarà assuefazione.
5) I mass media in generale sono coscienti del loro ruolo verso questi temi? Li affrontano nel modo giusto? Sono coscienti che “l’uomo è più del suo bisogno”, come diceva Eugenio Corecco?
Purtroppo no. Ci sono molti buoni professionisti, e una parte di pubblico, che vorrebbero un’informazione responsabile dell’immagine della realtà, cioè della verità, ma la macchina mediatica e il mercato hanno quasi sempre il sopravvento, persino sul servizio pubblico che dovrebbe essere l’oasi in cui ci si libera dal giogo dell’audience. Siamo lontani anni luce dall’idea di persona e del suo valore che ci ha insegnato il vescovo Eugenio Corecco che aveva le idee ben chiare sulla responsabilità dei media e del pubblico, e per questo ci ha incoraggiato a lanciarci nell’avventura televisiva.
6) Conosce la CORSI e il suo lavoro in seno alla RSI? Se dovesse fare una critica alla RSI, quale sarebbe? La RSI è attenta, ad esempio, ai problemi della società di oggi?
La RSI ha l’opportunità, come servizio pubblico, di non essere totalmente condizionata dalle fluttuazioni dell’audience, mostrando il “bello della realtà”. Lo fa sul piano culturale con la RETE DUE radiofonica. Televisivamente quasi tutto però è giocato sugli ascolti. I trentennali programmi occupazionali per disoccupati di Caritas Ticino ad esempio, sono stati attaccati da Patti Chiari (17.3.2017) sulla base di tre testimonianze di scontenti, a fronte di migliaia di partecipanti soddisfatti. La logica era chiara: una attività che funziona non è una notizia mentre scavare nel torbido da giustizieri, sì. Nel servizio pubblico sarebbe bello veder affiorare il coraggio della verità.
7) Quali vantaggi offre il fatto di essere una piccola realtà mediatica come la vostra in confronto alle grandi emittenti?
I vantaggi ad essere piccoli sul pianeta mediatico sono ben pochi ma nel nostro caso, a Caritas Ticino, c’è forse una caratteristica che è straordinaria ed affascinante per chi ama la comunicazione: noi abbiamo la libertà di poter dire ciò che crediamo giusto, anche se non ci porterà indici di ascolto particolari. Possiamo parlare di cose belle che funzionano bene anche se sappiamo che questo “non fa notizia”, e dar voce a visioni positive della realtà, a testimonianze di chi si è giocato la sua vita per ciò che crede, anche se non sono news molto quotate. E scoprire che un nostro video dopo anni su youtube ha migliaia di visualizzazioni ci dice che forse si può sperare.

venerdì 24 agosto 2018

24 agosto 1968 e mezzo secolo dopo

24 agosto 1968 e mezzo secolo dopo

Oggi cinquant'anni fa al ristorante Storni di tesserete iniziava la mia storia felice di mezzo secolo con Dani. Diciannove anni io e diciasette lei. Tre anni dopo ci sposavamo, ma dopo due settimane da quella sera avevo la certezza che quella ragazza l'avrei sposata, insomma con quella persona avrei passato mezzo secolo e forse di più.


Cinque figli e una nipote di sei anni che ha iniziato la scuola in questi giorni, questo è quanto scaturito da quell'incontro il 24 agosto 1968. Era il 68 che segnava un cambiamento epocale per il mondo occidentale, per la mia generazione, ma per noi due è cambiata proprio la vita che abbiamo cominciato a condividere costruendo assieme. Certamente difficile allora immaginare mezzo secolo di storia assieme, la percezione del tempo cambia con l'età e sicuramente mezzo secolo ci sarà sembrato un'enormità. Oggi è bello guardare a questo tempo lungo di continua scopertà della realtà a due e con i figli. Due entità individuali che condividono affetto e storia costruendo un percorso assieme. Non guardo indietro, non ho l'abitudine, non guardo indietro con nostalgia, guardo al presente e al futuro con gioia e gratitudine per la straordinaria esperienza che mi è stata data. Tanti segni che marcano ciò che è avvenuto e ciò che di conseguenza avviene oggi. 

La foto di Mila che al primo giorno di scuola ha il cartellino col nome sul banco dice che il 24 agosto 1968 quella immagine era già in qualche modo nella storia in divenire anche se non potevamo averne la minima idea. Che ci sia un destino predefinito oppure no, a posteriori non cambia nulla se non nel modo come si considerano e si concatenano gli avvenimenti. Ho la percezione precisa che il meglio che potesse capitarmi è stato incontrare e riconoscere quella persona "giusta" per stare assieme per sempre. È una certezza cartesiana, razionale, prima che espressione dell'emozione profonda del riconoscimento di un'altra persona che per mezzo secolo è stata costantemente sia parte di me, in unità con me, sia alterità che si svela e si scopre ogni giorno nella sua unicità. Questo significa costante bilanciamento della profonda vicinanza e conoscenza che però è caratterizzata dalla continua curiosità, scoperta e sorpresa di quell'alterità originale irrepetibile che mi cammina accanto. Fantastico. Potrebbero sembrare considerazioni di natura intellettuale ma sono la vita di tutti i giorni che anno dopo anno si rivela in tutta la sua ricchezza dal piacere di svegliarsi con quel volto accanto, al correre costruendo assieme mille cose. Il piacere di ascoltarla e di conoscere i suoi autori preferiti che non leggerò mai ma che mi sembra di aver letto. Il confronto di idee, non sempre in sintonia perfetta ma sempre in una interazione e scambio profiquo. Curiosità e interesse per una persona per me assolutamente straordinaria anche dopo mezzo secolo.

Assierme oggi guardiamo questa big family con 5 figli, due mogli, due morose, un moroso e una nipote, che sono un assieme incredibile di potenzialità da scoprire ogni giorno. Con loro trovo stimoli e risposte su piani molto diversi, dall'economia alla sociologia, dalla politica alla musica, dal cinema all'arte in generale, dalla tecnologia alle storie di tutti i giorni. La parola gratitudine è quella giusta per definire tutto questo. 
Nora, Mila e Elia

Antonio e Alice

Stefania e Giona

Basilio e Marion

Giulia e Gioacchino


Il 24 agosto 2018, mezzo secolo dopo, eccoci di nuovo al ristorante Storni di Tesserete con Giona e Alice in rappresentanza di tutta la band

martedì 26 giugno 2018

Humanae Vitae e dintorni

50 anni di Humanae Vitae: quando la Chiesa tenta di salvare il salvabile

A cinqunt'anni dall'enciclica di Paolo VI "Humanae Vitae", datata 25 luglio 1968 , ci sono diverse riflessioni possibili su questo controverso testo riguardo affettività e sessualità che però è stato ridotto al "no alla pillola e alla contraccezione" da parte della Chiesa. 
Prendo spunto per fare qualche considerazione sulla vicenda, in questo anniversario che è anche il mio con Dani con cui mi sono messo assieme cinquant'anni fa il 24 agosto 1968 (tre anni dopo ci sposavamo), da un blog di una giornalista "molto" cattolica che ha raggiunto una certa notorietà con libri e prese di posizione pubbliche molto tradizionaliste e rigorose sul tema della sessualità. 
 Blog Costanza Miriano Humanae Vitae
Non condivido il taglio assolutista ma riconosco che l'autrice, in modo divulgattivo e interessante dice sostanzialmente che la Chiesa cattolica esprime una sorta di saggezza profetica attraverso indicazioni pedagogiche che in molti casi, come le testimonianze citate, si rivelano di grande aiuto e sostegno alle persone. Concordo su questo aspetto pedagogico che spesso la Chiesa cattolica, ma anche altre religioni, mettono in campo per aiutare il popolo a trovare il modo più adeguato per vivere "bene". Credo infatti che gli esseri umani abbiano una naturale tensione al bello e alla verità delle cose ma che siano poi poco capaci di essere conseguenti con un pensiero sano che li guidi verso ciò che potrebbe essere "il meglio per loro". La questione fondamentale è il pensiero che guida i comportamenti e le azioni: non credo ci siano cattivi a priori ma penso che ci siano molte persone che pensano "sbagliato" nel senso che erroneamente ciò che credono essere il loro bene non lo è affatto. Tutta la vita è costellata di scelte di pensiero e di evoluzione del pensiero che statisticamente si può dire che non siano prevalentemente per il proprio massimo bene. Sono certo ad esempio che il massimo bene per chiunque sia raggiunto quando tutti coloro che si relazionano con quella persona stanno bene, ma in realtà, questo concetto di "bene comune" non è affatto vincente o maggioritario. 

Nel rapporto di coppia questo si rivela devastante. Credo che il fatto che un matrimonio su due, non tenga a lungo sia il risultato di un pensiero su di sé sbagliato, cioè quello di ritenere che il proprio interesse o bene immediato sia prioritario su quello dell'altro, mentre è esattamente il contrario. La questione nodale è il rapporto con l'alterità, con l'altro come sorta di specchio che rimanda continuamente all'essenziale per se stessi. Di fatto pensare che il bene dell'altro sia il bene massimo per se stessi è possibile solo se si fa un percorso di maturazione personale che permette di arrivare a cogliere la genialità di questo meccanismo che sposta da sé all'altro la chiave della propria pienezza, cioè della propria felicità. Constato che la maggior parte della gente non ha questa fortuna e sprofonda lentamente in un pensiero debole centrato sul proprio ombelico come misura dell'universo. L'agire in modo gretto, meschino, egoista e poco lungimirante è solo la logica conseguenza di quel pensiero su cui maggioritariamente si fonda una speranza disattesa di piacere e di felicità. 

Le grandi religioni, in modi diversi credo abbiano avuto coscienza di questa sostanziale difficoltà degli esseri umani a gestire il libero arbitrio, e si siano adoperate per definere percorsi che salvassero il salvabile, con comandamenti, regole e condanne, finalizzati al rimettere in strada questi poveretti che continuano a derapare. Credo che "salvare il salvabile" sulla tema della sessualità  abbia voluto dire tentare di privilegiare un modello monogamico - da qui l'insistenza sulla fedeltà coniugale -, perché questo modello di società funziona e può funzionare persino con la parità dei sessi. Le società poligamiche sono inconcepibili con la parità dei sessi tanto per intenderci. Che poi le diverse religioni ne abbiano fatte di tutti i colori per tentare di raggiungere qualche risultato è un dato di fatto, ma credo che originariamente si siano mosse su una preoccupazione positiva per il popolo. 

l'Humanae Vitae con il suo "no alla contraccezione" di fatto ha cercato di valorizzare la relazione nella sua essenzialità, nella sua possibilità di esperienza di felicità a due, tentando di far cogliere la possibilità per tutti di trovare nell'altro la chiave per la propria completezza. Di fronte al disgregarsi di un modello societario scardinando i punti di riferimento in nome di una sedicente libertà all'insegna dell'edonismo - come se fosse possibile questa operazione suicida - la Chiesa ha provato a dare delle indicazioni e delle regole che potessero costruire un modello alternativo di relazioni definitive, durevoli, che garantissero un modello di società sana. Versione integrale dell'enciclica Humanae Vitae  Stralci dall'enciclica
Dopo 50 anni siamo ancora in una fase di transizione per quanto riguarda i modelli ma ciò che possiamo misurare già oggi è ben poco rassicurante e non fa sperare nulla di buono.

Ma non credo affatto che la questione della contraccezione sia un elemento davvero rilevante, nel senso che se la scienza avesse fatto qualche passo in più per capire con precisione i meccanismi della fertilità non si parlerebbe più di pillole e preservativi, si potrebbe gestire la sessualità e la procreazione molto meglio. Ma non cambierebbe nulla riguardo alla questione nodale del modello di relazione della coppia e della società. Sono certo infatti che i "metodi naturali" possano aver aiutato molte coppie a ritrovare se stessi come racconta Costanza Miriano, ma solo perché nella loro storia non avevano avuto strumenti migliori per poter ritrovare il bandolo di un pensiero sano. Credo che si possa stare felicemente assieme per sempre solo se si ha avuto la fortuna - percorsi personali, incontri di persone sagge e di testimoni, esperienze costruttive ecc. - di "pensare bene" cioè che "il mio massimo bene è il bene dell'altro", perché così si vive costantemente protesi alla scoperta di quell'altro che ti appare sempre portatore di novità e di vivacità creativa e generativa. Allora puoi svegliarti la mattina incantandoti a guardare il volto che hai accanto, anche dopo cinquant'anni. 

Anche se non è una posizione vincente, mi piace credere che degli esseri intelligenti potenzialmente potrebbero sempre "pensare bene" - cioè per il loro massimo bene -, solo utilizzando la logica e il raziocinio. 

venerdì 23 febbraio 2018

Alleati nel Giardino della Cura

Va in onda la serie video con l'Uomo Albero
Ed eccola finalmente dopo un lungo periodo di gestazione, di lavoro su più fronti, con sfide tecniche non indifferenti e con una preoccupazione di assieme piuttosto grande. Dopo un po' che lavori in progetti complessi di cui sai tutto e hai seguito ogni istante della lavorazione, non riesci più a distanziarti per capire se quello che percepirà il pubblico è davvero quello che volevi. Sono entusiasta del risultato perché è arrivato dopo molto tempo, due anni almeno che se ne parla e che si son fatte mille cose. Nel post di settembre sulla modellizzazione in 3D ho raccontato un po' il percorso per arrivare a realizzare il modello virtuale dell'Uomo Albero tratto dal capolavoro di Bosch Il Giardino delle Delizie che non posso evitare di riproporre.

La musica
La realizzazione della musica è stata una peregrinazione fra mondi diversi dall'oriente all'occidente, dall'analogico al digitale, dagli strumenti acustici antichi alla musica elettronica, cercando di costruirla sui passaggi iniziali della sigla della serie che serve a scoprire come dal quadro si arrivi alla modellizzazione 3D, cercando anche di creare l'atmosfera che enfatizzasse alcuni contenuti del complessissimo quadro. In particolare lo strumento sul cappello dell'uomo albero è una specie di cornamusa e simboleggia la depravazione e la vita dissoluta descritta dalla "bettola" ospitata nel corpo dell'Uomo Albero, alcool e musica. Allora ho voluto marcare l'entrata di questo oggetto simbolo, lo strumento musicale con un suono di Uillean Pipe, cornamusa irlandese, combinato con un flauto cinese, l'hulusi, mentre nel resto della passeggiata musicale si mescolano suoni orientali di campane tibetane di vario tipo, con un tappeto di suoni elettronici "spaziali" e le note di una cordiera di pianoforte picchiata con un martello metallico (per accordare Tabla nella foto vicino alla tastiera del PC).

La cordiera per inciso ho dovuto riaccordarla perché era un po' calante e il flauto non poteva essere accordato. Qualche ora a giocare all'accordatore di piano di cui ho la strumentazione autentica. Ma le corde sono 182!
La Uillean Pipe, come raccontavo nel post di settembre, l'ho cercata in Irlanda ma senza successo (prezzi alle stelle) e alla fine come sempre l'ho ordinata online e anche se non è uno strumento da concerto va benissimo per quello che mi serve. Il suono iniziale è una campana tibetana fatta risuonare ruotando sul bordo un battacchio di legno, come nella preghiera buddista. Il suono elettronico è prodotto con una tastiera midi (piano pesato!) con un vecchio software Hipersonic2 e l'effetto è Astral Strings, corde astrali!

E il tutto mixato e rimixato con cubase che permette di fare veramente di tutto.

Ed ecco il risultato audio Musica Alleati nel Giardino  della Cura


Lo schema o piuttosto lo storyboard della sigla di 24 secondi che mi è servito anche per programmare gli attacchi degli strumenti musicali immaginandomi la sigla con video e audio è questo:
Ma ciò che è sorprendente è che alla fine, quando abbiamo realizzato la sigla secondo lo schema funzionava davvero come me la ero immaginata.

Ed ecco la prima Sosta/puntata della serie Alleati nel Giardino della Cura
Ed ecco la seconda Sosta/puntata

terza sosta
quarta sosta
quinta sosta

sesta sosta
settima sosta
ottava sosta
nona sosta
decima sosta

martedì 2 gennaio 2018

Comunicare, cosa e come?

Comunicare, cosa e come?

Fine della comunicazione generalista e nuovi palinsesti individuali ancor più preoccupanti.

Tanto per deprimersi un po' vale la pena, se non si è già perfettamente al corrente del fenomeno dei blog video super seguiti, i vlog, di leggere un articolo del The Washigton Post di ieri 1 gennaio 2018 dal titolo: "This kid went to the mall to get sprinkles. He ended up with 90,000 new YouTube fans."
https://www.washingtonpost.com/amphtml/news/the-intersect/wp/2018/01/01/this-kid-went-to-the-mall-to-get-sprinkles-he-ended-up-with-90000-new-youtube-fans/
Un ragazzino 12enne va a comprare le patatine e incontra due famosi vlogger che gli danno spazio sul loro video del giorno e lui che è un piccolo vlogger con una manciata di followers in breve si vede seguire da 90'000 fans. I due incontrati dall'esterrefatto Joey erano Jenna Marbles (16,9 milione di subscribers) e Julien Solomita che hanno numeri spropositati per i loro sproloqui video tipo 5 milioni di visualizzazioni. Bella storiellina fiabesca. Ma se si va a vedere il video delle due star che ha lanciato il giovane  Joey ci si deve sorbire un noiosissimo video in cui i due portano un cagnetto "portatile" da Santa (Il nostro San Nicolao con vestito rosso e barba bianca), nel grande magazzino, per fare una fotografia ricordo che poi mostrano via phone alla mamma di Jenna, molto divertita. Poi vale la pena, per tirarsi su il morale, di guardare anche il vlog di Joey che non crede alla sua fortuna che lo porta ad essere un supervlogger anche lui che racconta storielline da preadolescente americano. Ma almeno lui ha 12 anni ed è nel range ragionevole per rapporto alle cose che trasmette nel suo vlog, ora a quasi 100'000 viewers, anzi subscribers (iscritti al canale).

La riflessione che ho fatto da neofita di questi vlog (che ha comunque abbandonato il genere dopo un'ora di consultazione e visionamenti vari) è che, se da una parte stiamo assistendo all'agonia lenta ma inesorabile dei media generalisti, dall'altra i nuovi "palinsesti" che milioni di persone si costruiscono da soli in alternativa con le possibilità offerte dalla rete e dai social network, sono altrettanto demenziali. Ma credo siano anche più pericolosi perché assolutamente fuori da ogni possibilità di controllo. I media generalisti infatti, che non guardo più e non sopporto più da molti anni anch'io, hanno almeno in via teorica una possibilità di controllo di natura democratica che quando funziona permette correttivi che alzano l'asticella del pensiero intelligente e sano. Mediamente il quadro è desolante ma si può sempre ipotizzare che un media pubblico possa ricevere degli imput affinché non spazzi via completamente la possibilità di accedere a cultura, arte, e pensieri intelligenti. In via teorica e ipotetica, ma almeno la possibilità c'è. 

Mentre se degli opinion leader che arrivano ad avere 50 milioni di videoascoltatori iscritti al loro canale possono fare e dire quello che vogliono avendo come sola condizione quella di non perdere l'audience, la possibilità che si inserisca un pensiero intelligente e sano è praticamente esclusa. Recentemente uno di questi comunicatori aveva rifiutato di replicare ad un attacco su una grossa testata americana perché il pubblico di solo qualche centinaia di migliaia di lettori non lo interessava visto che parla ogni giorno a milioni di persone col suo canale personale. 

La rete internet è democratica, almeno in una certa misura, visto che ciascuno può scegliere quello che vuole e gli interessa, ma per evitare una catastrofe di livello contenutistico bisognerebbe presupporre una maturità del pubblico che statisticamente non è assolutamente mai emersa in modo rilevante. Ci sono insomma le premesse per ogni deviazione di pensiero, ogni forma di dittatura intellettuale.

E a fronte dei vlogger gaudenti e di basso livello contenutistico, ci sono sempre più giornalisti e opinion leader che coi loro canali su youtube fanno informazione e analisi socio-economico-politiche con milioni di followers. Dave Rubin tanto per citarne uno famosissimo.

Fra questi comunicatori che hanno canali su youtube ce ne sono diversi che ascolto più che volontieri e questa evoluzione del mio palinsesto personale mi piace ovviamente, ma la riflessione più generale su questa modalità di comunicazione free rimane: la comunicazione fuori controllo può essere molto pericolosa. Posso infatti permettermi di scegliere e ho avuto la fortuna di fare un percorso pedagogico personale che qualche strumento di analisi e di selezione dei contenuti me lo ha dato ma mi considero da questo profilo un privilegiato.

Allora è da preferire la totale libertà rovesciata addosso a un pubblico che prevalentemente non ha gli strumenti per gestirla oppure una comunicazione sotto controllo democratico che lascia aperto un ipotetico piccolissimo spiraglio al "bene comune"? Purtroppo questa scelta è solo di principio perché l'evoluzione e la svolta epocale della comunicazione di massa è già ben oltre questa scelta.
I singulti della comunicazione genaralista morente anche in Svizzera hanno momenti di grande partecipazione emotiva come la votazione sull'iniziativa No Bilag, che indipendentemente dall'esito, segna un'altra tappa irreversibile verso un'universo della comunicazione completamente mutato.

Credo non ci rimanga altro che puntare sull'educazione degli individui affinche riescano a cavarsela, diventando più capaci di autocritica responsabile nelle scelte comunicative. Ma saranno sempre molto pochi quelli che accetteranno di fare la fatica necessaria, solo un'élite purtroppo.