martedì 11 marzo 2014

DACCI OGGI IL NOSTRO… (23.1.2014)

 Il pane quotidiano è buona cosa cercare di guadagnarselo non aspettando miracolose piogge di manna o di dollari. Persino san Paolo, teorico della Provvidenza che assicura non manchi mai a chi crede, dice anche: chi non vuol lavorare neppure mangi (2ts,10)

Qualche giorno fa’ ascoltavo con molto interesse un’intervista radiofonica a Iris Bohnet, Svizzera, ricercatrice in economia comportamentale di Harvard, che disquisiva su questioni di genere legate all’economia e si poneva la domanda se le Lehman Sister avrebbero fatto meglio dei Brothers. Se fossero state donne sarebbe o no saltata la finanza mondiale nel 2008? Fantastico!
Ma la riflessione che esterno qui, e faccio ormai da tempo, parte dal mio orizzonte più ridotto, il catino ticinensis: come mai un numero piuttosto elevato di attori dell’economia locale sono poco efficienti? A volte mi domando persino come faccia l’economia locale a sopravvivere. Non sono un analista economico e non ho strumenti speciali di indagine ma l’esperienza diretta in questi ultimi anni, in cui mi è capitato professionalmente di seguire un certo numero di ditte che a livelli diversi costruiscono e producono, mi ha messo davanti a un panorama spesso desolante di potenzialità disattese, di produzione zoppicante, di obiettivi mancati, di superficialità e approssimazione, di tempistica aleatoria. Le lodevoli eccezioni evidentemente sono la speranza e forse il motore che evita la catastrofe, ma la massa che produce a rallentatore continua ad interrogarmi. Mi intriga infatti il modo di concepire l’economia, la produzione e il guadagno di tutti coloro che si rivelano inefficienti anche se magari hanno nomi importanti e sono presenti sul mercato locale da sempre, senza fallire e scomparire. La costatazione sorprendente è il fatto che a essere poco efficienti non credo ci si guadagni niente, non c’è un vantaggio. Ma allora perché così tanti artigiani o imprenditori sono carenti, molto carenti, in ordine alla qualità e ai ritmi di produzione? Alcuni elementi possono spiegare in parte questo mini-fenomeno come ad esempio la mancanza di una forte pressione da parte di una agguerrita e/o spietata concorrenza, oppure le condizioni più o meno sempre floride del nostro mercato che anche quando piange miseria, rispetto al resto del mondo, sta benissimo; ma queste spiegazioni non bastano. Allora provo, per analogia con altri fenomeni di carattere comportamentale, a formulare un’ipotesi. Gli esseri umani scelgono prevalentemente le scorciatoie del disimpegno e della semplificazione, con meno investimento di energie e di fatica, solo perché commettono un errore fondamentale imperdonabile: credono di guadagnarci. Pensano cioè che ci sia un vantaggio diretto e sicuro per la propria persona nel limitare il più possibile il proprio investimento nel raggiungere gli obiettivi che si presentano continuamente sia nella vita in generale sia nella produzione economica. La nozione di guadagno e di vantaggio che, erroneamente si crede sia espressione di chiusura e di egoismo, è la nozione base, il catalizzatore, di qualsiasi azione umana: non facciamo nulla se non crediamo di averne un vantaggio, anche nelle cose più nobili e di natura ideale. Persino chi eroicamente dà la sua vita per gli altri lo fa sulla base della nozione di un guadagno personale nel senso che quel gesto eroico gli risulta come l’opzione migliore per la propria realizzazione, per il proprio destino, per quanto questo sia proiettato verso il benessere degli altri.
Ma allora, tornando alle ragioni della poca efficienza di molti imprenditori locali, devo ritenere che questi sbaglino nella valutazione del proprio guadagno: credono che limitare il proprio impegno il più possibile, porti un beneficio in termini di vantaggio economico o di condizioni lavorative o di sicurezza per il futuro o chissà quale altro effetto positivo. Insomma ancora una volta la conclusione è che all’origine di tutti i guai e i pasticci che gli esseri umani riescono a combinare c’è un pensiero sbagliato riguardo ai presunti vantaggi che si otterranno con quell’azione. La scelta per la mediocrità, che va per la maggiore, che impedisce la manifestazione del potenziale straordinario insito nella natura umana, è dovuta a questo errore riguardo al presunto vantaggio e solo in seconda battuta si rivela quale una sbandata di ordine morale o etico.


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