sabato 27 agosto 2016

BURKINI, TOPLESS E BUON SENSO

BURKINI, TOPLESS E BUON SENSO


Non mi capita quasi mai di passare delle ore su una spiaggia, forse per questo le rare occasioni diventano momento di riflessione sullo sfondo di una natura marittima di grande fascino e una natura umana spesso meno entusiasmante. Albenga 23 agosto dalle 4 del pomeriggio alle 8, sedia pieghevole e Kindle a 10 metri dall’acqua, leggendo un saggio poco interessante sul gioco d’azzardo negli USA. Sulla destra, a qualche metro una gentil donzella mette in mostra le sue grazie in topless, mentre davanti, coi piedi nell’acqua, due suore in abito lungo bianco passeggiano contemplando il mare. Due mondi a confronto, ma ce n’è un terzo a pochi chilometri al di là della frontiera francese vicina. Il recente divieto su diverse spiagge di portare il burkini, un costume molto castigato che ricopre la quasi totalità del corpo femminile, adottato da molte donne musulmane, fa discutere sui social-network con una foto scioccante che finisce persino sul New York Times del 25 agosto: 4 poliziotti armati circondano una donna in burkini in ginocchio sulla spiaggia che è visibilmente costretta a togliersi l’indumento incriminato. 
I disordini fra turisti che fotografavano le donne così vestite e i loro mariti che li hanno picchiati, hanno influito su queste misure di “ordine pubblico” di alcuni comuni marittimi francesi. Una foto virale scattata a Nizza a 111 km dalle due suore ad Albenga che alle 7, dopo la partenza della folla dei bagnanti, mentre imperterrite continuavano il loro pediluvio, ho fotografato. 
Una immagine che credo possa rappresentare una realtà italiana dove non avrebbe fatto problema a nessuno se fra la ragazza in topless e le due suore fosse arrivata una signora musulmana in burkini. Sarebbe stata centro di curiosità quanto le altre protagoniste della mia incursione marittima, ma nulla di più. A pag. 44 riportiamo alcune considerazioni di Massimo Introvigne, esperto di fondamentalismo, che analizzando la situazione italiana non ancora toccata dal terrorismo islamico, individua fra le ragioni principali la contenuta radicalizzazione ideologica rispetto a quanto avvenuto in Francia. Non credo si debba disquisire sulla tolleranza ma semplicemente parlare di buon senso: la convivenza pacifica si costruisce distinguendo bene cosa va considerato come un attacco alla propria cultura e cosa sia solo un’innocua espressione della propria identità che non offende proprio nessuno, e al massimo richiede solo un minimo di apertura all’altro.
Nella lotta al terrorismo siamo confrontati con una guerra al fondamentalismo che è un elemento religioso presente nella storia non solo nell’Islam. Il Papa ha dichiarato, ed è piaciuto naturalmente a tutti, che non siamo di fronte a una guerra di religione, e certamente non lo è nel senso di uno scontro fra Islam e Cristianesimo, ma siamo di fronte a un problema enorme di natura religiosa che si sta manifestando con un fondamentalismo islamico dilagante che va affrontato nella sua estrema complessità, sia sul piano religioso, che culturale e politico; e bisognerebbe evitare le semplificazioni pericolose come l’illusione che non ci siano profonde differenze da affrontare, oppure, all’opposto, negando la possibilità di un dialogo intereligioso costruttivo.
Sono molto interessato alle riflessioni degli intellettuali musulmani coscienti che il fondamentalismo all’origine del terrorismo nasce all’interno dell’Islam, ed è solo da un lavoro di analisi interna all’Islam che potrà nascere una lotta efficace a queste derive. Sono persone straordinarie che, talvolta rischiando persino la vita, sono emarginate perché ciò che propongono è un lavoro difficile e nuovo per il mondo musulmano. Ricordo a questo proposito l’art sulla nostra rivista di Elham Manea, L’Isis è dentro di noi

Mi rendo però conto che questo cammino lungo e difficile ha bisogno anche di una atmosfera diffusa che favorisca prima di tutto la condivisione fra la gente normale, prima ancora di chissà quale dialogo teologico. In questo senso il gesto dei musulmani francesi che all’indomani dell’assassinio efferato dell’anziano sacerdote, si sono uniti in preghiera nelle chiese cattoliche, è un tassello importante di quel clima che deve costruirsi oggi soprattutto in Europa: chi cavilla o contesta questi incontri di solidarietà e di preghiera, ripetuti poi in Italia e persino in Ticino, manca di lungimiranza e di buon senso, tanto quanto i sindaci di quelle città balneari francesi che credono di difendere la laicità accanendosi contro un costume da bagno.