BURKINI, TOPLESS E BUON SENSO
Non mi capita quasi mai di passare delle ore su una
spiaggia, forse per questo le rare occasioni diventano momento di riflessione
sullo sfondo di una natura marittima di grande fascino e una natura umana
spesso meno entusiasmante. Albenga 23 agosto dalle 4 del pomeriggio alle 8,
sedia pieghevole e Kindle a 10 metri dall’acqua, leggendo un saggio poco
interessante sul gioco d’azzardo negli USA. Sulla destra, a qualche metro una
gentil donzella mette in mostra le sue grazie in topless, mentre davanti, coi
piedi nell’acqua, due suore in abito lungo bianco passeggiano contemplando il
mare. Due mondi a confronto, ma ce n’è un terzo a pochi chilometri al di là
della frontiera francese vicina. Il recente divieto su diverse spiagge di
portare il burkini, un costume molto castigato che ricopre la quasi totalità
del corpo femminile, adottato da molte donne musulmane, fa discutere sui social-network
con una foto scioccante che finisce persino sul New York Times del 25 agosto: 4
poliziotti armati circondano una donna in burkini in ginocchio sulla spiaggia
che è visibilmente costretta a togliersi l’indumento incriminato.
I disordini
fra turisti che fotografavano le donne così vestite e i loro mariti che li
hanno picchiati, hanno influito su queste misure di “ordine pubblico” di alcuni
comuni marittimi francesi. Una foto virale scattata a Nizza a 111 km dalle due suore ad Albenga che alle 7, dopo la partenza della folla dei
bagnanti, mentre imperterrite continuavano il loro pediluvio, ho fotografato.
Una
immagine che credo possa rappresentare una realtà italiana dove non avrebbe
fatto problema a nessuno se fra la ragazza in topless e le due suore fosse
arrivata una signora musulmana in burkini. Sarebbe stata centro di curiosità
quanto le altre protagoniste della mia incursione marittima, ma nulla di più. A
pag. 44 riportiamo alcune considerazioni di Massimo Introvigne, esperto di
fondamentalismo, che analizzando la situazione italiana non ancora toccata dal
terrorismo islamico, individua fra le ragioni principali la contenuta
radicalizzazione ideologica rispetto a quanto avvenuto in Francia. Non credo si
debba disquisire sulla tolleranza ma semplicemente parlare di buon senso: la
convivenza pacifica si costruisce distinguendo bene cosa va considerato come un
attacco alla propria cultura e cosa sia solo un’innocua espressione della
propria identità che non offende proprio nessuno, e al massimo richiede solo un
minimo di apertura all’altro.
Nella lotta al terrorismo siamo confrontati con una guerra
al fondamentalismo che è un elemento religioso presente nella storia non solo nell’Islam.
Il Papa ha dichiarato, ed è piaciuto naturalmente a tutti, che non siamo di
fronte a una guerra di religione, e certamente non lo è nel senso di uno
scontro fra Islam e Cristianesimo, ma siamo di fronte a un problema enorme di
natura religiosa che si sta manifestando con un fondamentalismo islamico
dilagante che va affrontato nella sua estrema complessità, sia sul piano
religioso, che culturale e politico; e bisognerebbe evitare le semplificazioni
pericolose come l’illusione che non ci siano profonde differenze da affrontare,
oppure, all’opposto, negando la possibilità di un dialogo intereligioso
costruttivo.
Sono molto interessato alle riflessioni degli intellettuali
musulmani coscienti che il fondamentalismo all’origine del terrorismo nasce
all’interno dell’Islam, ed è solo da un lavoro di analisi interna all’Islam che
potrà nascere una lotta efficace a queste derive. Sono persone straordinarie
che, talvolta rischiando persino la vita, sono emarginate perché ciò che
propongono è un lavoro difficile e nuovo per il mondo musulmano. Ricordo a
questo proposito l’art sulla nostra rivista di Elham Manea, L’Isis è dentro di noi.
Mi rendo però conto che questo cammino lungo e difficile ha
bisogno anche di una atmosfera diffusa che favorisca prima di tutto la
condivisione fra la gente normale, prima ancora di chissà quale dialogo
teologico. In questo senso il gesto dei musulmani francesi che all’indomani
dell’assassinio efferato dell’anziano sacerdote, si sono uniti in preghiera
nelle chiese cattoliche, è un tassello importante di quel clima che deve
costruirsi oggi soprattutto in Europa: chi cavilla o contesta questi incontri di
solidarietà e di preghiera, ripetuti poi in Italia e persino in Ticino, manca
di lungimiranza e di buon senso, tanto quanto i sindaci di quelle città
balneari francesi che credono di difendere la laicità accanendosi contro un
costume da bagno.