lunedì 10 marzo 2014

Generare bisogni

Generare bisogni credendo di rispondervi (31.10.2013)

 Anche stamattina due persone si sono presentate nelle sedi di Caritas Ticino chiedendo un tetto e un lavoro. Si potrebbe dedurre che questo sia un segnale di un bisogno emergente, in crescita: quello di centri per l’accoglienza di senza tetto in cerca di lavoro. Ma non è così. Il turismo sociale è fenomeno conosciuto soprattutto nelle zone di frontiera come il Ticino e periodicamente ci sono impennate per richieste simili. Ora, probabilmente grazie alla pubblicità fatta a forme di accoglienza primaria con “alloggio e pasto caldo”, un certo numero di persone prova a passare la frontiera cercando soluzioni a problemi di indigenza di vario tipo. Verosimilmente la vicenda si chiuderà quando il gioco dei numeri non terrà più, non perché ci sia un reale bisogno di quella forma di sostegno ma solo perché, offrendola, si apre una sorta di breccia alla creazione di un bisogno (alloggio d’emergenza) che è assolutamente fittizio ma può svilupparsi col telefono senza fili a velocità elevata. Chi tenta la sorte, venendo così in CH, non sta certo bene ma ha, come altri milioni di persone, bisogno di un posto di lavoro. Ma un posto non lo troverà certo in quel modo soprattutto in CH. Quindi “alloggio e piatto caldo” non rispondono a nessun bisogno ma favoriscono solo forme di spreco di risorse, soprattutto da parte dei poveracci che potrebbero investire energie e soldi in modo più profiquo. Si tratta della conseguenza di un pensiero sociale superficiale, incapace di addentrarsi in una anlisi dei meccanismi di povertà reale e delle loro eventuali soluzioni. Anche aprendo infatti centri con migliaia di posti letto per poveri disperati che vengono da sud non si risponderebbe a nessun bisogno. Sorprendente come invece, complici i media, si fomenti una lettura approssimativa e fuorviante dei bisogni, creando alla fine spaccature controproducenti fra chi aprirebbe le frontiere perché pensa di essere accogliente e generoso e chi invece butterebbe fuori tutti credendo di dover difendere il territorio come lo fanno i gatti o gli orsi. I sistemi complessi non hanno soluzioni semplici a portata di mano, manicheiste con buoni e cattivi ben identificati, ma richiedono sempre percorsi difficili caratterizzati da analisi coraggiose, lucidità di pensiero e di visioni a lungo termine, scevre da emozioni e sentimentalismi.
Gli squilibri socio-economici e politici in Europa non si risolvono con il buon cuore che cancrenizza le derive metodologiche, e ideologiche. E anche gli interventi sociali locali non si costruiscono su modelli assistenzialistici o filantropici. Solo pianificazioni a lungo termine e visioni ampie fondate su un pensiero sociale ed economico intelligente possono evitare i pasticci che, sia a livello internazionale che locale, continuano a prodursi, sostanzialmente perché non si sa dove andare a parare.
E poi, tragicamente, gioca un ruolo importante il fatto che sia gratificante sentirsi buoni, anzi sentirsi migliori degli altri.

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