giovedì 6 marzo 2014

CONNECTIVE CAPITAL

CONNECTIVE CAPITAL PER CONDIVIDERE UN CAPITALE DI PENSIERO (6.9.2013)

 

(editoriale per la rivista di Caritas Ticino n.3 2013)

Connective Capital esprime, in campo economico, l’idea della rete di scambio di conoscenze fra collaboratori considerandola come un capitale. Stefano Zamagni, l’economista che ha collaborato con Benedetto XVI per la stesura del pensiero economico nell’enciclica Caritas in veritate, dice che “…per innovare, ci vuole quello che gli americani, recentemente, hanno chiamato Connective capital, cioè capitale di connessione. Quando uno parla di capitale di connessione, parla di economia civile, senza rendersene conto.”  Gli economisti di prestigiose università americane che credo abbiano coniato il termine nel 2003 con una pubblicazione intitolata “Lavorare più intelligentemente lavorando assieme: Connective Capital sul posto di lavoro”, sviluppano l’idea che la conoscenza e il pensiero, se condivisi sono un capitale spendibile. Introducendo, così mi sembra, nel pensiero economico la nozione pensiero/capitale, o in altri termini di monetizzazione del pensiero e delle conoscenze. Ecco un passaggio significativo dell’introduzione al documento:  *"Noi presentiamo un modello semplice che incorpora un capitale di connessione dell’organizzazione come un imput nella sua funzione produttiva, dove si definisce capitale di connessione come il deposito di capitale umano a cui gli impiegati possono accedere attraverso le loro connessioni con gli altri lavoratori. Gli impiegati sviluppano connective capital attraverso i collegamenti di comunicazione con gli altri impiegati con lo scopo di attingere alla conoscenza dei loro colleghi per cercare di risolvere assieme i problemi”.

Un capitale di pensiero, è la ricchezza straordinaria che nessuno può rubare, contraffare o distruggere.

Spesso ripetiamo a Caritas Ticino che la cosa più straordinaria della nostra esperienza sociale è il pensiero, e che le realizzazioni, i progetti, i risultati statistici e le strutture vengono dopo. Ciò che è irrinunciabile è quella sintesi di elementi di riflessione e di analisi, di intuizioni, di suggestioni, che costruiscono i giudizi su cui fondare l’operatività o la promozione di idee.
Il tabellone di 8 metri x 4 che troneggia sulla facciata del CATISHOP.CH a Pregassona con il testo del Vescovo Corecco sull’idea che l’uomo non è definito dal suo bisogno (foto sotto), su cui si è sviluppata l’azione sociale di Caritas Ticino degli ultimi vent’anni, è come se raffigurasse concretamente con 650 Kg di metallo sospeso, l’idea del capitale di pensiero. Gli economisti della Columbia e di Stanford, Casey Ichniowski e Kathryn Shaw, quando scrivono di Connective Capital non si sognano certo di parlare, come dice Zamagni, di economia civile, e tantomeno di avvicinarsi alla visione antropologica che anima oggi tutto il nostro lavoro sociale e di promozione, ma visto che l’idea è quella di interconnettersi con la conoscenza e il pensiero degli altri, probabilmente sarebbero incuriositi dalla nostra valorizzazione del capitale di pensiero.




*We present a simple model that incorporates an organization’s “connective capital” as an input into its production function, where we define connective capital as the stock of human capital that employees can access through their connections to other workers. Employees develop connective capital through communications links with other employees with the purpose of tapping into the knowledge of their co-workers as they seek to solve problems together.
From "Working Smarter By Working Together: Connective Capital in the Workplace" 2003

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