La TV di Caritas Ticino
In giugno mi è stato chiesto di rispondere a 7 domande sulla comunicazione video di Caritas Ticino per il sito della CORSI. (Max 600 caratteri per domanda) Ho fatto i compiti e ho scritto l'articolo ma a questo punto mi è stato chiesto di ridurre il testo da 7 a 4 domande però anche così non è stato pubblicato. Infine in una versione ancora ridotta a sole 3 domande è apparso in ottobre su catt.ch.Ecco la versione originale scritta per la CORSI che non l'ha mai pubblicata (titolo e introduzione non sono miei ovviamente ma della giornalista che mi aveva chiesto l'articolo).
Una tv
attenta ai problemi di oggi
Roby Noris, entrato a Caritas Ticino nel 1980, l’ha
condotta per una trentina di anni, arrivando anche a creare una propria
produzione televisiva, conducendola e facendone il suo principale settore di
impegno professionale fin dal 1994, con la possibilità di montare in proprio
tutto quanto prodotto e di realizzare anche tutta la produzione virtuale su
green screen. Da quando è in pensione, da gennaio 2017, collabora ancora per
servizi o serie puntuali. I video di Caritas Ticino
Tv vogliono essere una piacevole e distensiva opportunità per scoprire cose
interessanti. I 1350 video sul canale di Caritas Ticino su youtube testimoniano
questo tentativo.
1) Le
vostre proposte sono seguite da che genere di utenza? A chi vi rivolgete?
Andando in
onda su Teleticino e su youtube potremmo dire che la proposta è a 360 gradi
anche se in realtà chi ci segue ha una caratteristica ben precisa: curiosità e
desiderio di approfondire tematiche sociali, religiose, economiche e culturali.
E fra questi molti non la pensano come noi ma credo trovino interessante il
confronto con una organizzazione profilata che non teme di proporre ipotesi,
talvolta scomode, che spesso vanno controcorrente. Con la rubrica Migranti del
Mare, ad esempio, diamo una interpretazione politica spesso fuori dal coro. E la
nostra lettura della povertà in Svizzera, che non sposa il catastrofismo
dominante, penso possa piacere a chi desidera ascoltare un’altra voce.
2) È
facile proporre dei contenuti anche orientati alla religione nel mondo odierno?
Più dei
contenuti a carattere religioso ciò che spaventa è l’approfondimento, perché il
pubblico ritiene che richieda molta fatica. Allora bisogna “barare” facendo
credere che l’approfondimento non richieda sforzi particolari. In realtà tutti
siamo disposti a fare fatica se questo ci produce piacere. Chi gioca ai
videogames, ad esempio, fa uno sforzo enorme, di calcolo e di memorizzazione a una
velocità incredibile, ma non dirà mai che è faticoso perché è divertente e
gratificante. Noi cerchiamo di mettere in contenitori piacevoli, a volte virtuali
e movimentati, anche contenuti difficili come quelli religiosi, presentandoli
come più leggeri di quello che sono.
La nostra
produzione poco spettacolare non può generare le reazioni a caldo e le lettere
al direttore. Ma in quasi 25 anni abbiamo raccolto molti feedback che
confermano la bontà della scelta piuttosto speciale fatta nel 1994 di produrre
TV in proprio e di creare un nostro studio televisivo. Ciò che mi colpisce
sempre sono soprattutto i commenti che ci arrivano da persone lontane dalla
Chiesa e dalle tematiche sociali che ci attestano fedeltà e apprezzamento al di
là di ogni ragionevole aspettativa. La permanenza dei video in rete su youtube
ha creato inoltre una situazione nuova: dopo anni, chi li guarda reagisce come
se fossero stati realizzati e postati il giorno prima.
4) Migrazioni,
disagi sociali, dipendenze: i problemi dell’odierna società vengono
sufficientemente trattati dai mass media?
Vengono
trattati solo se hanno le caratteristiche ben codificate per ottenere il
successo mediatico. Giocano quindi in modo determinante aspetti di per sé
secondari come la novità, la spettacolarizzazione, l’impatto immediato,
l’emozione facile, la concorrenza fra media. Il paradosso sta nello scontro fra
il desiderio originale di fare dell’informazione autentica e la pressione
schiacciante del costo elevato pagato solo dall’audience. Talvolta traspare del
buon giornalismo ed è quasi miracoloso. Si continuerà a parlare ad esempio di migrazioni
fino a quando ci saranno notizie vendibili sul mercato dei media, finché non ci
sarà assuefazione.
5) I
mass media in generale sono coscienti del loro ruolo verso questi temi? Li
affrontano nel modo giusto? Sono coscienti che “l’uomo è più del suo bisogno”,
come diceva Eugenio Corecco?
Purtroppo
no. Ci sono molti buoni professionisti, e una parte di pubblico, che vorrebbero
un’informazione responsabile dell’immagine della realtà, cioè della verità, ma
la macchina mediatica e il mercato hanno quasi sempre il sopravvento, persino
sul servizio pubblico che dovrebbe essere l’oasi in cui ci si libera dal giogo
dell’audience. Siamo lontani anni luce dall’idea di persona e del suo valore
che ci ha insegnato il vescovo Eugenio Corecco che aveva le idee ben chiare
sulla responsabilità dei media e del pubblico, e per questo ci ha incoraggiato
a lanciarci nell’avventura televisiva.
6) Conosce
la CORSI e il suo lavoro in seno alla RSI? Se dovesse fare una critica alla
RSI, quale sarebbe? La RSI è attenta, ad esempio, ai problemi della società di
oggi?
La RSI ha
l’opportunità, come servizio pubblico, di non essere totalmente condizionata
dalle fluttuazioni dell’audience, mostrando il “bello della realtà”. Lo fa sul
piano culturale con la RETE DUE radiofonica. Televisivamente quasi tutto però è
giocato sugli ascolti. I trentennali programmi occupazionali per disoccupati di
Caritas Ticino ad esempio, sono stati attaccati da Patti Chiari (17.3.2017) sulla
base di tre testimonianze di scontenti, a fronte di migliaia di partecipanti
soddisfatti. La logica era chiara: una attività che funziona non è una notizia
mentre scavare nel torbido da giustizieri, sì. Nel servizio pubblico sarebbe
bello veder affiorare il coraggio della verità.
7) Quali
vantaggi offre il fatto di essere una piccola realtà mediatica come la vostra
in confronto alle grandi emittenti?
I vantaggi
ad essere piccoli sul pianeta mediatico sono ben pochi ma nel nostro caso, a
Caritas Ticino, c’è forse una caratteristica che è straordinaria ed
affascinante per chi ama la comunicazione: noi abbiamo la libertà di poter dire
ciò che crediamo giusto, anche se non ci porterà indici di ascolto particolari.
Possiamo parlare di cose belle che funzionano bene anche se sappiamo che questo
“non fa notizia”, e dar voce a visioni positive della realtà, a testimonianze
di chi si è giocato la sua vita per ciò che crede, anche se non sono news molto
quotate. E scoprire che un nostro video dopo anni su youtube ha migliaia di
visualizzazioni ci dice che forse si può sperare.
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