L’ULTIMO SALUTO A UN NEONATO
Sabato ci siamo
trovati in molti a pregare intorno a una piccola bara aperta col piccolo Carlo
che sembrava dormisse. Ha vissuto due mesi e mezzo con i suoi genitori sempre
accanto, lottando contro una malformazione cardiaca, poi il suo piccolo cuore
ha smesso di battere. La commozione, persino mentre scrivo, è stata immensa nel
guardare quel bimbo, figlio di persone molto vicine e molto care, che se ne era
andato via.
Non siamo attrezzati
per metabolizzare la morte degli adulti ma quella dei bambini ci disarma
totalmente, non riusciamo a crederla possibile. Nella storia dell’umanità la
morte dei bambini e dei neonati è stata molto presente ma da un’ottantina
d’anni, almeno nel mondo occidentale, il benessere e i passi della medicina ci
hanno fatto dimenticare questi drammi che una volta toccavano tutte le
famiglie. Il piccolo Carlo ci ha rimesso di fronte al limite di un dolore con
cui non vorremmo mai essere confrontati. L’entrata in una chiesa straboccante
di persone, della piccola bara portata dai due genitori, è una immagine
straziante di una bellezza e di una dignità straordinaria che esprime fra
l’altro il nostro bisogno di riti per affermare in modo comunitario la
possibilità di condivisione dei gesti importanti e fondamentali della nostra
esistenza. Un’immagine che rimarrà incisa in modo indelebile nella memoria di
tutti coloro che hanno partecipato a quel momento.
Ma contraddicendo ogni
possibile aspettativa, accompagnare per un ultimo saluto questo neonato si è
rivelata un’occasione inaspettata di serenità di fronte al dolore e alle grosse
questioni esistenziali, di fronte alla questione personale più intrigante,
quella della morte.
Questo grazie alle
parole del papà di Carlo e all’omelia alla Messa del funerale celebrato da
Padre Mauro Lepori (abate generale dell’ordine cistercense) e certamente anche
grazie a una partecipazione straordinaria di centinaia di famigliari e amici,
rimasti assieme anche sul sagrato della chiesa dopo il funerale, per ore.
Molti ci hanno
ricordato – ha detto - che
Carlo è morto il giorno della Madonna Addolorata e quindi ora è in braccio alla
Madonna.
Ogni giorno della
sua vita è stato amato e voluto, quindi ha ricevuto solo amore e la sua vita
non è stata come la nostra piena anche di litigi cattiverie e meschinità, ma
solo di amore, il nostro il vostro e quello di tutti gli amici che ci sono
stati vicini e hanno pregato per lui e per noi. In questi due mesi e mezzo ci
ha resi persone migliori.
È stata quindi una
vita felice e compiuta e di questo sono certo. Ci ha regalato questo tempo
meraviglioso insieme, com’è sempre stato meraviglioso il suo sorriso.
La certezza di
saperlo tra le braccia del Signore, a giocare sulle ginocchia del nonno e della
Madonna che lo presentano a Dio, nella felicità totale qui per noi ancora
inimmaginabile, ci riempie di speranza e fiducia. Un nuovo angelo veglia sulla nostra famiglia.
Il nostro piccolo
Carlo è nato alla grazia di essere figlio di Dio ricevendo il santo Battesimo
da suo papà al momento della nascita. Prevedevamo di celebrare i riti
complementari del Battesimo fra due settimane, nella Domenica che cadrà nel giorno
degli Angeli Custodi. Per questo ho scelto il Vangelo degli Angeli Custodi per
questa Messa in cui con dolore e speranza, con tristezza e gratitudine ci
ritroviamo a congedarci dal nostro piccolo cavaliere (forse non tutti sanno che
il suo terzo nome di battesimo è Artù, dopo quelli di Carlo, in ricordo del suo
caro nonno, e di Gabriele), a congedarci da lui che per due mesi e mezzo ha
lottato per vivere e che ci ha preceduti tutti nel raggiungere il destino della
vita. Gesù “chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità
io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non
entrerete nel regno dei cieli.”
In questi mesi, ma
anche prima che nascesse, Carlo era al centro della nostra attenzione e
apprensione, al centro delle nostre cure, certamente dell’amore dei suoi
genitori e di tutti noi. Ma ora dov’è Carlo? È Gesù che ce lo dice e che la
fede in Lui ce lo fa e farà sempre più capire nel profondo del cuore, come una
coscienza che sorge in noi, simile al sole di questa limpida giornata di
settembre. Ora Carlo è al centro del Regno dei cieli, al centro della realtà
compiuta in Gesù Cristo morto e risorto per noi. Il centro del Regno dei cieli
è per noi e per tutti Cristo stesso, il Figlio di Dio, che è venuto nel mondo
per condurci al Padre, affinché possiamo stare eternamente al Suo posto nella
Trinità, il posto del Figlio prediletto di Dio che scambia con il Padre l’Amore
infinito dello Spirito Santo. Gesù vorrebbe che questo posto al centro del
Regno dei cieli lo prendessimo già in questa vita, perché il Regno dei cieli
non è dopo questa vita, ma la verità ultima, la realtà vera della nostra vita.
Per questo il Signore mette un bambino al centro e chiede ai discepoli di
imparare subito da lui, di farsi subito piccoli come lui, di accogliere subito
Gesù stesso in lui. Questo, Gesù ce lo chiede come conversione, come cammino in
cui accettiamo che la nostra vita diventi sempre più vera alla luce di Cristo,
alla sequela di Cristo, per grazia di Cristo. Ma ai bambini questa grazia,
questa verità ultima e eterna della vita, è data per natura. In loro l’amore infinito
del Padre si imprime e manifesta senza ombre. In loro la grazia del Battesimo è
immediatamente esplicita.
Gesù infatti ci
invita a guardare ai bambini come ad angeli che vedono senza veli il volto del
Padre: “Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi
dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è
nei cieli.”
In fondo dovremmo
sempre rapportarci ai bambini come se fossimo sulla soglia del tempio mentre
loro, come il gran sacerdote, entrano nel Santo dei Santi a contemplare Dio e a
dialogare con Lui. E in questo dovremmo seguirli, come profeti del Mistero che
ci insegnano la verità e pienezza della nostra vita.
Oggi lunedì, mentre 4
miliardi di persone stanno seguendo i funerali della regina Elisabetta II
d’Inghilterra, una piccola bara col piccolo Carlo è inumata nella tomba del
nonno Carlo che ci ha lasciato quasi quattordici anni fa.
Ho letto in uno
scambio di messaggi: “c’era tanto dolore e tanto amore in tutti.”
È il segno di speranza
che ci consola e ci rassicura.
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