giovedì 15 maggio 2014

Nessun rimpianto

Nessun rimpianto, per una società suicida (15.5.2014)

LOVELIFENOREGRETS 
"LOVE LIFE – nessun rimpianto" la nuova campagna contro l'HIV promossa dall'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), insieme ad Aiuto Aids Svizzero e SALUTE SESSUALE Svizzera. Al centro vi è il manifesto LOVE LIFE con le tre affermazioni «Amo la mia vita. Perché me lo merito», «Amo il mio corpo. Per questo lo proteggo» e «Non ho nessun rimpianto. E faccio di tutto per riuscirci».





La campagna propone immagini di sesso "esplicito" che dovrebbero, secondo i promotori, "far capire di cosa si stIa parlando". E la novità è il coinvolgimento della popolazione persino nel poter diventare protagonisti delle immagini del far sesso. Naturalmente  "con responsabilità" che significa solo "col preservativo". I media ne hanno parlato un po' plaudendo naturalmente alla bontà e all'importanza della campagna accettata positivamente da tutti salvo qualche frangia di "benpensanti" che reagisce alle immagini. Anche se qualche voce fuori dal coro c'è, come il GdP del 13 maggio 2014.


La novità quindi è la rappresentazione del fare sesso fra persone normali, "più vero del vero", naturalmente con tutte le opzioni che ormai mettono quasi in minoranza gli eterosessuali tradizionali.

Le immagini quindi sono oggetto di discussione fra la maggioranza che le trova normalissime e una minoranza che osa reagire alla rappresentazione esplicita del sesso fatta da un ufficio federale pagato dalle tasse di tutti.
Personalmente, essendo appassionato di cinema, sono abituato ormai da anni alla rappresentazione cinematografica del sesso sempre più esplicito e senza veli, che di anno in anno supera gli ultimi tabù legati ai centimetri di pelle e di genitali mostrati, con tutte le varianti più o meno erotiche, di buon gusto, di classe e di espressione artistica. Complessivamente potrei dire che sono pochi i registi capaci di rappresentare il sesso con maestria, classe, erotismo ed eleganza, e questi non sono certo fra i realizzatori della campagna svizzera anti AIDS. Ma il cinema è una scelta, e non viene rovesciato indiscriminatamente addosso a tutta la popolazione, bambini compresi, quindi in questo è più che comprensibile l'indignazione di chi reagisce alle immagini diffuse dappertutto di questa campagna.
Ma il problema più grave non sta nelle immagini.

Sono convinto invece che il vero guaio sia l'ideologia veicolata ormai da anni in questa campagna anti AIDS ben sintetizzata dallo slogan di questa ultima ondata 2014 "NESSUN RIMPIANTO". Lo slogan "nessun rimpianto" nasce da un sondaggio in cui 1/5 mi pare degli intervistati ha dichiarato di avere il rimpianto di non aver usato il preservativo. La questione della relazione sessuale è totalmente banalizzata perché ridotta al problema dell'evitare il contagio, per altro questione facilmente condivisibile da chiunque. Ma sul tema della sessualità la grande "conquista" è aver relegato qualunque questione sulla natura della relazione e sulle sue implicazioni sociali a un fatto privato che non interessa più nessuno. Non c'è più niente da dire o da dibattere perché l'ideologia vincente proposta e riproposta è semplicemente quella riassumibile in "riguardo al sesso non c'è più nessun problema, purché ci si protegga".

Credo che in una prospettiva sociologica, qui non c'entra la morale, il pensiero veicolato da questo genere di campagne prepara un tipo di società sostanzialmente suicida. Provo a spiegare perché.

Nella storia fino ai tempi più recenti, i modelli sociali erano costruiti su strutture relazionali che garantivano sia il proseguimento della specie, sia l'assetto sociale, più o meno stabile. La famiglia ha sempre giocato un ruolo funzionale all'equilibrio dei gruppi sia tribali sia più sofisticati come le società moderne, sia in occidente che in oriente. In queste realtà la relazione sessuale degli individui era di norma conseguente e non precedente alla relazione sociale per cui la relazione sessuale fra gli individui era una componente fondamentale della relazione sociale.
Attualmente invece il pensiero dominante del "massimo godimento a qualunque condizione" scardina completamente la possibilità che la relazione sessuale sia l'elemento portante di una relazione famigliare stabile. Anzi la relazione sociale diventa secondaria e semmai subordinata all'appagamento incondizionato di relazioni sessuali completamente slegate da modelli sociali funzionali a un assetto globale che sia vivibile ed equilibrato per tutti. Non mitizzo nulla del passato e anzi sono felice di vivere in un'epoca che permette di rimettere in discussione modelli sociali dove l'individuo e la sua coscienza individuale contavano ben poco, e ancor meno se si era nati donne, ma so che il modello caotico che soggiace all'idea di una sessualità solo regolata dai parametri del piacere individuale non funziona per niente e crea solo un caos in cui alcuni vengono emarginati ancor più di prima e sono schiacciati ancora più di prima in nome della presunta libertà dei vincenti, belli, giovani, che hanno il potere.
Gli umani in prevalenza tendono a esercitare pochissimo e maldestramente la responsabilità individuale, e il libero arbitrio si manifesta purtroppo con ben poca autocoscienza. Statisticamente sono sempre pochi coloro che pensano davvero in prospettiva, esercitando una responsabilità personale in nome del bene comune, e ovviamente raramente sono ascoltati e diventano leader e opinionleader. 

Le diverse espressioni religiose che oggi spesso ci fanno inorridire per il loro oscurantismo e le loro visioni arcaiche, credo abbiano tentato in modo spesso goffo e approssimativo di salvare il salvabile, con una specie umana incapace di pensiero sano. E nella prospettiva di limitare i danni credo abbiano sempre cercato di mettere sotto controllo, quindi sotto norme, la relazione sessuale degli individui. I risultati non sono esaltanti ma probabilmente migliori del modello caotico e senza prospettive che la società del preservativo sta tragicamente costruendo tassello su tassello. La banalizzazione del sesso infatti porta ad una difficoltà enorme nell'immaginare strutture sociali e famigliari stabili e dal profilo individuale rende precario l'equilibrio della sessualità fondata sul desiderio e non sull'appagamento incondizionato di qualsiasi pulsione. 

Una relazione è stabile, sana e appagante, e quindi funziona, se reciprocamente anche dopo molti anni, nell'altro si continua a scoprire riflessi della sua unicità, ne si è affascinati e da questa continua scoperta si genera il desiderio. Desiderio non solo di natura spirituale e platonica, intendiamoci, ma desiderio relativo all'altra persona nel suo insieme fisico e spirituale che risulta essere affascinante. Queste relazioni nascono da una alchimia fra esperienza e percorsi pedagogici, fra fascino e scoperta del "bello" e fatica per rendere il proprio pensiero più efficace. Da questo quadro nasce una possibilità di relazione sessuale costruttiva per un modello sociale che ha prospettive.

Altrimenti non c'è futuro. È una società suicida perché caotica e instabile, sempre più in crisi di valori di riferimento, dove tutto è opinabile, dove l'improbabile struttura sociale sempre più  precaria nella sua impostazione è votata alla disgregazione o all'implosione. Una società dove si può inorridire di fronte a un reportage sul sexting che coinvolge in Ticino persino ragazzine di 11 anni (Falò RSI del 15.5.2014) senza capire che la banalizzazione del sesso fatta sistematicamente anno dopo anno da campagne di "sensibilizzazione" come quella anti AIDS, hanno poi derive di tutti i generi. Insomma il sexting dilagante ha a che vedere con l'incoscienza della campagna Love-life, o meglio con l'ideologia che sta dietro. In questo senso società suicida che sega il ramo su cui è appoggiata senza neppure accorgersene.

Poi magari succederà qualche guaio che azzererà tutto e si ricomincerà da capo come nel genere cinematografico catastrofista del "dopo bomba". Ma questa ipotesi non mi piace per niente.



Nessun commento: