martedì 21 aprile 2015

Strage in Kenya

Strage in Kenya: l'Africa è lontana

#147NOTJUSTNUMBER


La strage nell'università di Garissa in Kenya di 147 studenti e insegnanti mi ha profondamente colpito perché fa parte ormai di una serie interminabile di efferatezze nate da una distorsione dell'interpretazione coranica che si sta espremendo con orrori di tutti i generi nei confronti di coloro che vengono identificati dall'integralismo islamico come nemici. I cristiani stanno pagando un prezzo enorme ma non sono i soli, perché persino molti musulmani per motivi diversi cadono sotto la follia lucida di questi "credenti" che in Siria e Irak hanno creato il Califfato con mire espansionistiche tanto evidenti quanto preoccupanti.

Fra i diversi aspetti di questa carneficina mi ha colpito la difficoltà dei mass media in generale di tenere alta l'attenzione su questa tragedia che ha avuto una copertura relativamente modesta. Sorprendente che ben poche siano le testimonianze riportate, di amici, parenti, vicini di casa, delle vittime. C'è chi ha interpretato questa vicenda mediatica come un segnale dell'ideologia che tende a nascondere la persecuzione dei cristiani, c'è chi ha scritto "dove sono i Charlie Hebdo?". 

Io credo che la questione ideologica, la negazione della persecuzione dei cristiani, sia presente in misura molto limitata e circoscritta ai media schierati ideologicamente in modo plateale, all'italiana, ma che invece nella stragrande maggioranza dei media mondiali abbia giocato fortemente solo l'elemento della percezione del Kenya come una realtà lontanissima, sconosciuta, in cui il mondo occidentale e nordamericano non riesce ad identificarsi. Chi fra di noi ha figli all'università, sentendo la notizia della strage non ha pensato immediatamente a loro come avrebbe fatto automaticamente se l'attacco fosse stato perpetrato in una università europea o americana. Non c'è niente da fare, funzioniamo così, se non ci identifichiamo rimaniamo emotivamente distanti e il mercato delle notizie quotidiane sostituisce le tragedie di ieri con estrema facilità proponendo altre news su cui concentrarsi. 

Le questioni ideologiche contano ben poco rispetto all'interesse del pubblico, che costituisce la fonte di consenso/finanziamento per i media attuali, che sono costosissimi. Le TV non possono permettersi il calo di audiance e quindi devono rispondere continuamente all'imperativo della "richiesta/interesse" anticipando e individuando cosa voglia questo cliente esigentissimo. Non abbiamo chiesto di sapere tutto sulle famiglie degli studenti massacrati in Kenya e i media non hanno prodotto nulla di tutto questo.

Che le vittime del massacro fossero selezionati con un test sulla conoscenza del Corano, separati dai musulmani e uccisi perché cristiani non è colto come l'elemento prioritario perché l'orrore spontaneo in tutti noi nasce, indipendentemente dalla motivazione, piuttosto dal fatto inaccettabile che si uccida al di fuori di conflitti, per opera di persone non catalogate come squilibrate ma che decidono di ammazzare pianificando i massacri lucidamente. Sono certo che se la strage del Charlie Hebdo fosse stata fatta invece nella redazione di KTO (televisione cattolica parigina) tutta la partecipazione popolare in Europa sarebbe stata esattamente la stessa. L'ideologia non c'entra. 
Del resto ci sono anche musulmani che vengono uccisi dal fanatismo islamico, sia a Parigi ad esempio, sia in Kenya quando qualche studente universitario musulmano ha tentato di difendere i compagni cattolici.

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