Elia pellegrino verso Santiago di Compostella
Oggi Elia, primogenito
cinquantenne, è partito per il Cammino verso Santiago di Compostella. 900Km e
una previsione di cammino di più di un mese. Lo desiderava da tempo ed è il suo
regalo per i cinquanta anni.
All'areoporto di Zurigo
La tecnologia attuale
e i social permettono a tutta la nostra famiglia di seguire quasi come se
fossimo tutti lì con lui o quasi.
Spontanea la domanda di molti: “perché lo fai?” a cui lui risponderà.
Sul “Cammino” penso sia stato scritto tutto sia come analisi storica e religiosa, sia come testimonianze di ogni tipo, con o senza fede.
Spontanea la domanda di molti: “perché lo fai?” a cui lui risponderà.
Sul “Cammino” penso sia stato scritto tutto sia come analisi storica e religiosa, sia come testimonianze di ogni tipo, con o senza fede.
Mi permetto quindi solo qualche osservazione personale suscitata dall’emozione per l’avventura di Elia, coi riferimenti che ho accumulato negli anni leggendo e incrociando belle storie su questa esperienza decisamente eccezionale.
Mi ha sempre colpito l’aspetto della storia in cui per secoli i personaggi più diversi hanno attraversato a piedi l’Europa per raggiungere luoghi sacri. Sicuramente simili sono i pellegrinaggi a la Mecca dei musulmani. Probabilmente l’elemento del viaggio verso un luogo sacralizzato, fa parte di quelle espressioni di bisogno di trascendenza che si concretizza in gesti tangibili.
Quindi ci si mette in marcia sulle tracce di migliaia di altri pellegrini che hanno fatto la stessa cosa prima, imitando e ripetendo un gesto che in sé è sempre uguale ma per ciascuno si realizza in modo personale, diverso, unico. Si tratta probabilmente di rivivere interiorizzandolo, un gesto carico di storia che molti hanno vissuto con aspettative di tipo personale e collettivo, direi tribale.
Nella cultura individualista attuale poco incline a valorizzare gli aspetti storici e tradizionali che ci legano a chi ha vissuto aspirazioni e desideri simili nel passato, può essere molto difficile capire il fascino di esperienze di cammino verso una meta condivisa e ritenuta sacra. Si tratta probabilmente di riscoprire il valore di elementi della tradizione come occasione per attualizzare esperienze che, pur avendo punti di riferimento precisi e comuni, si sono declinate in epoche diverse, con sensibilità e sottolineature diversissime.
C’è poi l’aspetto non secondario della fede, caratteristica fondante dell’esperienza religiosa. Ma molti pellegrini non fanno un’esperienza di fede anche se si inseriscono nel solco di gesto che esprime una fede tradizionale. Trovo affascinante questo aspetto che apre a chiunque la possibilità di vivere esperienze in sé caratterizzate da elementi inequivocabilmente fideistici, senza alcuna pretesa esclusiva. Non è per nulla come andare in pellegrinaggio al museo dei Beatles a Liverpool, ma la condizione non è la fede religiosa, bensì una sorta di riconoscimento del valore tradizionale di quelle migliaia di pellegrini che sono partiti lungo i secoli, offrendo un pezzo di strada della loro vita nel nome della cristianità. E con questo gesto di pietà popolare hanno contribuito alla costruzione di una cultura cristiana europea che è la nostra cultura.
Dal profilo individuale il camminare a lungo per giorni, mesi, non ha molto a che vedere con lo spostarsi da un luogo all’altro, ogni giorno, di tutti noi. La caratteristica più evidente è quella del ritmo che il corpo assume permanentemente. Siamo costruiti in modo da poter percepire molti elementi ritmici ed esserne condizionati. L’esperienza musicale è quella più evidente e appariscente ma non è la sola. Il ritmo permette il fenomeno della risonanza, per cui si stabiliscono relazioni incredibili fra l’origine del ritmo emesso e gli elementi ricettori che possono entrare in risonanza. Affascinato da queste cose soprattutto giocando con la musica, mi sembra di aver capito che possiamo educare il nostro corpo a utilizzare elementi di ritmo per trovare un proprio equilibrio. Credo che camminare a lungo possa permettere di abituare il proprio corpo a percepire un elemento ritmico equilibrante. Mi ricordo dell’esperienza mistica della preghiera del pellegrino russo, fondata sul ritmo ripetitivo di una preghiera che arriva a condizionare il ritmo del respiro come esperienza di preghiera costante. Immagino che analogamente si possa educare il proprio corpo a utilizzare un ritmo che verosimilmente si armonizza col battito cardiaco e la respirazione che sono le nostre funzioni vitali che vanno a ritmo.
Tenendo conto di
queste considerazioni credo che chi sceglie di fare il cammino paradossalmente
per un periodo di tempo sembra estraniarsi, lasciando a casa i propri cari,
mentre sta solo prendendosi un tempo per riorganizzare la propria macchina che
è composta prevalentemente di relazioni. Non lo si fa abbastanza ma prendersi
il tempo mettendosi nelle condizioni per armonizzare se stessi (corpo, mente e
spirito) è apparentemente un gesto solitario ma in realtà è un regalo che
facciamo a noi stessi e a tutti quelli che fanno parte integrante della nostra
vita.