martedì 26 giugno 2018

Humanae Vitae e dintorni

50 anni di Humanae Vitae: quando la Chiesa tenta di salvare il salvabile

A cinqunt'anni dall'enciclica di Paolo VI "Humanae Vitae", datata 25 luglio 1968 , ci sono diverse riflessioni possibili su questo controverso testo riguardo affettività e sessualità che però è stato ridotto al "no alla pillola e alla contraccezione" da parte della Chiesa. 
Prendo spunto per fare qualche considerazione sulla vicenda, in questo anniversario che è anche il mio con Dani con cui mi sono messo assieme cinquant'anni fa il 24 agosto 1968 (tre anni dopo ci sposavamo), da un blog di una giornalista "molto" cattolica che ha raggiunto una certa notorietà con libri e prese di posizione pubbliche molto tradizionaliste e rigorose sul tema della sessualità. 
 Blog Costanza Miriano Humanae Vitae
Non condivido il taglio assolutista ma riconosco che l'autrice, in modo divulgattivo e interessante dice sostanzialmente che la Chiesa cattolica esprime una sorta di saggezza profetica attraverso indicazioni pedagogiche che in molti casi, come le testimonianze citate, si rivelano di grande aiuto e sostegno alle persone. Concordo su questo aspetto pedagogico che spesso la Chiesa cattolica, ma anche altre religioni, mettono in campo per aiutare il popolo a trovare il modo più adeguato per vivere "bene". Credo infatti che gli esseri umani abbiano una naturale tensione al bello e alla verità delle cose ma che siano poi poco capaci di essere conseguenti con un pensiero sano che li guidi verso ciò che potrebbe essere "il meglio per loro". La questione fondamentale è il pensiero che guida i comportamenti e le azioni: non credo ci siano cattivi a priori ma penso che ci siano molte persone che pensano "sbagliato" nel senso che erroneamente ciò che credono essere il loro bene non lo è affatto. Tutta la vita è costellata di scelte di pensiero e di evoluzione del pensiero che statisticamente si può dire che non siano prevalentemente per il proprio massimo bene. Sono certo ad esempio che il massimo bene per chiunque sia raggiunto quando tutti coloro che si relazionano con quella persona stanno bene, ma in realtà, questo concetto di "bene comune" non è affatto vincente o maggioritario. 

Nel rapporto di coppia questo si rivela devastante. Credo che il fatto che un matrimonio su due, non tenga a lungo sia il risultato di un pensiero su di sé sbagliato, cioè quello di ritenere che il proprio interesse o bene immediato sia prioritario su quello dell'altro, mentre è esattamente il contrario. La questione nodale è il rapporto con l'alterità, con l'altro come sorta di specchio che rimanda continuamente all'essenziale per se stessi. Di fatto pensare che il bene dell'altro sia il bene massimo per se stessi è possibile solo se si fa un percorso di maturazione personale che permette di arrivare a cogliere la genialità di questo meccanismo che sposta da sé all'altro la chiave della propria pienezza, cioè della propria felicità. Constato che la maggior parte della gente non ha questa fortuna e sprofonda lentamente in un pensiero debole centrato sul proprio ombelico come misura dell'universo. L'agire in modo gretto, meschino, egoista e poco lungimirante è solo la logica conseguenza di quel pensiero su cui maggioritariamente si fonda una speranza disattesa di piacere e di felicità. 

Le grandi religioni, in modi diversi credo abbiano avuto coscienza di questa sostanziale difficoltà degli esseri umani a gestire il libero arbitrio, e si siano adoperate per definere percorsi che salvassero il salvabile, con comandamenti, regole e condanne, finalizzati al rimettere in strada questi poveretti che continuano a derapare. Credo che "salvare il salvabile" sulla tema della sessualità  abbia voluto dire tentare di privilegiare un modello monogamico - da qui l'insistenza sulla fedeltà coniugale -, perché questo modello di società funziona e può funzionare persino con la parità dei sessi. Le società poligamiche sono inconcepibili con la parità dei sessi tanto per intenderci. Che poi le diverse religioni ne abbiano fatte di tutti i colori per tentare di raggiungere qualche risultato è un dato di fatto, ma credo che originariamente si siano mosse su una preoccupazione positiva per il popolo. 

l'Humanae Vitae con il suo "no alla contraccezione" di fatto ha cercato di valorizzare la relazione nella sua essenzialità, nella sua possibilità di esperienza di felicità a due, tentando di far cogliere la possibilità per tutti di trovare nell'altro la chiave per la propria completezza. Di fronte al disgregarsi di un modello societario scardinando i punti di riferimento in nome di una sedicente libertà all'insegna dell'edonismo - come se fosse possibile questa operazione suicida - la Chiesa ha provato a dare delle indicazioni e delle regole che potessero costruire un modello alternativo di relazioni definitive, durevoli, che garantissero un modello di società sana. Versione integrale dell'enciclica Humanae Vitae  Stralci dall'enciclica
Dopo 50 anni siamo ancora in una fase di transizione per quanto riguarda i modelli ma ciò che possiamo misurare già oggi è ben poco rassicurante e non fa sperare nulla di buono.

Ma non credo affatto che la questione della contraccezione sia un elemento davvero rilevante, nel senso che se la scienza avesse fatto qualche passo in più per capire con precisione i meccanismi della fertilità non si parlerebbe più di pillole e preservativi, si potrebbe gestire la sessualità e la procreazione molto meglio. Ma non cambierebbe nulla riguardo alla questione nodale del modello di relazione della coppia e della società. Sono certo infatti che i "metodi naturali" possano aver aiutato molte coppie a ritrovare se stessi come racconta Costanza Miriano, ma solo perché nella loro storia non avevano avuto strumenti migliori per poter ritrovare il bandolo di un pensiero sano. Credo che si possa stare felicemente assieme per sempre solo se si ha avuto la fortuna - percorsi personali, incontri di persone sagge e di testimoni, esperienze costruttive ecc. - di "pensare bene" cioè che "il mio massimo bene è il bene dell'altro", perché così si vive costantemente protesi alla scoperta di quell'altro che ti appare sempre portatore di novità e di vivacità creativa e generativa. Allora puoi svegliarti la mattina incantandoti a guardare il volto che hai accanto, anche dopo cinquant'anni. 

Anche se non è una posizione vincente, mi piace credere che degli esseri intelligenti potenzialmente potrebbero sempre "pensare bene" - cioè per il loro massimo bene -, solo utilizzando la logica e il raziocinio.